Cenni storici
Terra di passo, battuta nei secoli da eserciti, mercanti, monaci e pellegrini, San Donato è il luogo dove il Parco Nazionale d’Abruzzo si affaccia sugli ulivi del Mediterraneo, tra rupi assolate ed il profumo delle erbe aromatiche, pietre addossate a terrazzare pendii…
Le origini del vivacissimo centro cominese si perdono nella leggenda e si collegano all’antica Cominium sannita distrutta da Roma nel 293 a.C.; anche se ci sono pareri discordi circa la reale ubicazione di quella città nella nostra valle, di sicuro sappiamo che il territorio era un avamposto sannita allorché nel 329 a.C. Roma, per assicurarsi delle teste di ponte lungo la Via Appia, la Via Latina e l’odierna Via Sferracavallo, conquistò Terracina, Fregellae (San Giovanni Incarico) e più tardi, nel 303, Sora. La nascita del primo “santuario” non può essere anteriore al 304 d.C., anno in cui Donato, vescovo di Arezzo veniva martirizzato.
In quegli anni in cui il cristianesimo nascente cercava il riconoscimento da parte dell’Impero Romano, il primo monachesimo muoveva i suoi passi, e, abbattendo tutto ciò che rimaneva di culto pagano, dedicava i luoghi ai martiri più venerati. Le nostre terre, fin dall’epoca etrusca erano “terre di passo” per le genti di Arezzo e di Veio che avevano commerci con la colonia etrusca di Capua; questa che era la più ricca delle città italiche col suo… “suolo lieve e umido, facile da lavorare e che dava fino a quattro raccolti l’anno tra farro, miglio, orzo e ortaggi”… determinerà nei secoli il destino delle invasioni delle nostre valli, per il controllo delle vie romane e dei passi montani tra Nord e Sud.
L’invasione longobarda del 568 d.C. fu quella più rovinosa: Atina fu distrutta e gli abitanti uccisi. La stessa sorte toccò al Monastero di Montecassino edificato appena sessant’anni prima.
Le nostre terre fecero parte dei Ducati di Spoleto e Benevento. E’ nella successiva politica di pacificazione operata da papa Gregorio Magno e, in seguito, nel graduale avvicinamento dei longobardi al cristianesimo e alla civiltà latina dopo l’Editto di Rotari (643), che si può intendere la “Donazione di Ildebardo”, duca di Spoleto, al Monastero di San Vincenzo al Volturno, nel 778 d.C. Qui per la prima volta veniva menzionata una “Aecclesiam Sancti Donati in territorio Cumino”…
DE SANCTO DONATO
In nomine domini Dei et salvatoris nostri Jesu Christi.
Regnante domno Carolo, ecc
ellentissimo rege Francorum atque Longobardorum, anno regni eius in Italia, Deo propricio, quinto.
Ego, in Dei nomine, Hildeprandus gloriosus et summus dux ducatus Spolitino, donamus atque concedimus in monasterio Sancti Vincencii levite et martyris Christi quod situm est in territorio Benventano, super fluvio Vulturno, ubi Josue venerabilis abbas regimen tenet AECCLESIAM SANCTI DONATI IN TERRITORIO COMINO, cum terris et montibus ubi ipsa aecclesia edificata est, et mons ipse nominatur Pezzullu, habente fines: prima parte per cilium montis, et descendit per serra, quae nominatur Traversa; secunda parte via antiqua, quae dicitur Marsicana; tercia parte via, quae vadit prope aecclesia Sancti Felicis; quarta parte riagine, quae descendit inter hunc montem et montem qui dicitur Aceru.
Quam et donamus in iam dicto monasterio ipsum campum et terram, quae vocatur Valle Bona, coniuncta cum predicta via et monte aciro, atque concedimus in predicto monasterio aecclesiam Sancti Iuliani in iamdicto territorio, cum terris et aquis coniuncte, ubi predicta aecclesia edificata est, habente fines: ab una parte terra et rivio, qui pergit per valle de Castanietu; de alia parte rivia, qui dicitur de Malafide, et coniungit se cum Fonte Vitola; et coniungit cum predicto rivio de Castanieto.
Quam et donamus et concedimus in predicto monasterio servos et ancillas nostras, qui ibidem resident. Quam ob rem firmiter habeas iam dicte venerabilis abbas et pars iam dicti monasteri atque rectoribus eidem monasterii aliquando contradicatur, sed per hunc nostrum preceptum hanc nostram donacionem et concessionem firmiter valeant possidere.
Data Spoleto, in palacio, mense magio, per indiccione prima.
La data del 778 d.C. rimanda storicamente ad altri fatti che accadevano nella nostra penisola e alla futura ingerenza del papato nel meridione: l’accordo della Chiesa con la monarchia franca e la nascita del Sacro Romano Impero. Carlomagno sottomette i principi longobardi e spingendosi fino a Capua consente al principe Arechi II di governare a patto che paghi un tributo. Lo stesso farà nell’ 866 l’imperatore Ludovico II che passando da Sora percorre la Via Latina fino a Capua, ma questa volta il motivo è ben più grave: i Saraceni stanno conquistando tutte le coste del Tirreno e attestandosi sul Golfo di Gaeta e sul Garigliano fanno scorrerie verso l’interno.
Le nostre valli vengono occupate progressivamente dalle popolazioni di Itri. Prudentio scriverà più tardi: … “San Donato è terra di passo, et ebbe principio da Itri, dove ancor oggi l’una terra con l’altra se portano affettione et se usa tra essi certa libertà e franchigia”. Le zone rivierasche, ormai proibitive, sono teatro di scontri fino alla battaglia sul Garigliano (915); le popolazioni in esodo raggiungono le pendici dei nostri monti e costruiscono cinte murarie attorno ai primi eremi e monasteri. E’ in questo periodo che si intensificano i rapporti con la Valle del Sangro e la piana del Fucino nella Contea dei Marsi: ancora oggi è tradizione per i sandonatesi raggiungere a piedi, in pellegrinaggio, la cittadina di Trasacco in onore di San Cesidio.
All’inizio dell’anno Mille, cavalieri normanni sono al soldo dei signori di Salerno e di Capua. Più tardi nel 1062 conquisteranno la stessa Capua e, con questa, terranno in feudo anche la Contea di Arezzo;essi sono bene accetti da papa Niccolò II, il quale, cercando alleati per condurre in porto la politica di riforma, li nomina Vassalli della Chiesa. Nel 1150, Ruggiero il Normanno conquista la Val di Comino.
L’unificazione della dinastia normanna e sveva nella persona di Federico II di Svevia, diede nuovo impulso alle conteee e baronie locali di stampo ghibellino. L’Imperatore aumenta la fortuna dei Conti d’Aquino, che già detentori della nostra valle per piccoli periodi, intervallati dalla giurisdizione di Montecassino, ne entrarono definitivamente in possesso nel 1270. San Tommaso d’Aquino fu il più insigne rappresentante di questa casata in campo filosofico e religioso. I Conti d’Aquino organizzarono il loro territorio con fortificazioni e milizie tanto che il possedimento assunse la denominazione di “Castrum Sancti Donati”: la floridezza economica e militare che ne seguì fece di San Donato una Baronia.
Il Castello è il Rione più antico del paese e geograficamente si colloca nella radice dell’Appennino, circoscritto da austere porte di accesso rivolte a Greco, Levante e Ponente. Nel 1632 G.P.M. Castrucci scriveva che “San Donato... è divisa in due Rioni, Castello, e Valle; il Castello è tutto cinto di mura, con le sue torri...”. Da sempre dediti al culto del Santo Patrono, nel XVI secolo gli abitanti del Rione costruirono in economia il Santuario del nostro Patrono.
Dopo il XV secolo il nostro territorio, chiamato Santo Donato Castello, viene conteso dalle famiglie Cantelmo, Cardona e persino dai Borgia. “Industriosi et fatiganti”, i sandonatesi del tempo erano dediti all’artigianato, infatti producevano “de li panni di lana, per loro uso et per vendere”. La loro abilità favorì contatti anche con le popolazioni dell’Umbria e della Toscana. A tal proposito, nel 1574, Prudentio annota la presenza di "mercanti nobili fiorentini, che fanno faccende assai tal che con la loro industria et sapere son fatti ricchissimi”. Oltre che nel lavoro artigiano, i nostri antenati si distinsero nell’ “arte della guerra”. Soldati di grande valore, eredi dell’antica milizia del Castrum Sancti Donati, i sandonatesi si fecero apprezzare in tutto il Regno per la lotta al brigantaggio. In tempo di pace, e fino al Settecento invece, diedero vita ad un originale Palio della Lotta.
Nel 1595, in nome del Cardinale Tolomeo Gallio, il territorio passò alla famiglia Gallio che lo amministrò per oltre duecento anni, con scarso e decadente interesse. Nel 1669, a causa di una grave pestilenza, la popolazione "che assommava a 2344 anime fu ridotta a sole 640. Morirono di tal flagello 1704 persone". Nell'arco del XVII e XVIII secolo, San Donato ebbe un dominio stabile e non fu interessato da guerre per cui, nonostante battute d'arresto dovute a crisi demografiche, si ebbe un notevole sviluppo sia economico che urbano, superiore a quello degli altri centri del ducato di Alvito. Con vari gradi di interesse storico-artistico è quindi possibile notare l'espansione sei-settecentesca, con la costruzione nel centro urbano di palazzi signorili, piazze e l’ammodernamento di chiese e conventi.
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Donato era originario di Arezzo, sebbene alcune fonti riportano però che fosse originario di Nicomedia (oggi Ismit o Kocael in Turchia) residenza dei vari imperatori romani del tempo. Non abbiamo notizie storiche sulla famiglia di Donato e sulla sua infanzia, così come non si hanno notizia certe sulla sua reale data di nascita,che comunemente viene indicata nel 240. É plausibile pensare che i suoi genitori, o ancora pagani o già divnetati cristiani,misero al loro figlio un nome un nome che indicasse come fosse stato regalato dalla bontà di Dio. La storia afferma che in tenera età, Donato venne portato a Roma dove fu educato e fatto chierico per mezzo del Sacerdote Pimeni,ma non esistono documenti storici che permettano di datare con certezza quando e come il giovane Donato entrò tra il clero . A causa delle prime persecuzioni anticristiane Donato si trasferì ad Arezzo dove venne accolto dal monaco Ilariano a cui si affianca nella penitenza e nella preghiera facendosi portavoce della Chiesa tra la gente di Arezzo. Tra di esso compie svariate conversioni e svariati prodigi, come quello di far riacquistare la vista ad una cieca di nome Siriana oppure quella di liberare dal demonio il figlio del Prefetto della città, Asterio. Un fatto importante si verifica quando un esattore delle tasse affida il suo denaro alla moglie per custodirlo, ma quest'ultima, di nome Eufrosina, dopo aver nascosto il denaro, muore e l'esattore non riesce più a trovare la somma nascosta. Donato interviene nel riportare alla luce la moglie e recuperare il denaro smarrito. Viene nominato sacerdote dal Vescovo Satiro, primo Vescovo di Arezzo. Alla morte di Satiro (tra il 280 ed il 285), anche in virtù della grande stima che popolo ed il clero aretino riponevano in lui, viene nominato Vescovo di Arezzo. É plausibile che la consacrazione episcopale sia stata conferita a San Donato o dal sommo pontefice Sant'Eutichiano (275 - 283) o da San Caio (283 - 296) .Nel suo operato di Vescovo, coadiuvato dal diacono Antimo. si incontrano molti avvenimenti importanti, come la conversione di molti pagani delle campagne, i nuovi prodigi e la sua popolarità tra la gente della città di Arezzo. Tra i miracoli che la leggenda devozionale gli attribuisce il più famoso è quello del calice, per via del quale sarebbe stato condannato al martirio: durante una celebrazione eucaristica, nel momento della Comunione, irrompe nella Chiesa un gruppo di pagani che getta a terra il calice che conteneva il vino sacro distribuito dal diacono Antimo, mandandolo in mille pezzi. Nella Chiesa c'è un'aria di sconvolgimento generale. Donato, dopo un intensa preghiera, si inginocchia, raccoglie tutti i pezzi del calice, e lo ricostruisce. Purtroppo il calice era privo di un notevole pezzo sul fondo della coppa, ma continuava a svolgere la sua funzione di raccoglitore del sangue di Cristo. Per questo avvenimento, si convertirono alla Chiesa ben 79 pagani. A seguito degli editti di Diocleziano e Massimiano, nel 303, inizia la decima persecuzione contro i Cristiani: viene sancita la distruzione delle chiese e dei libri sacri e a tutti i cittadini venne richiesto di sacrificare agli dei. Nell' aprile del 304, un altro editto autorizzava la liberazione delle persone imprigionate che avessero rinnegato il cristianesimo ed offerto sacrifici alle divinità pagane. Chi si rifiutava veniva prima condannato alle miniere ed in seguito ucciso. A seguito del "miracolo del calice" e delle numerose conversioni, il governatore (corrector) della città di Arezzo, Quadraziano, nell'estate del 404, ordina l'arresto di Donato e del suo monaco-maestro, Ilariano. Il giorno seguente, Quadraziano, cerca di far rinnegare la fede in Cristo a Donato, ma egli non accetta e viene ripetutamente percosso con delle pietre al volto. In seguito fece portare un braciere ordinando al vescovo di sacrificare incenso in onore della dea Giunione. Al rifiuto di Donato Quadraziano ordinò di riportarlo in cella e di ucciderlo mediante decapitazione . Era il 7 agosto del 304. Donato venne riposto in un feretro fuori dalle mura della città,nella località di Pionta Solo al termine della Cattedrale di Arezzo, iniziata nel 1278 e terminata solo nel 1510, il feretro di Donato venne posto nell'arcata trecentesca realizzata da Giovanni Fetti, aretino, e Betto di Francesco, fiorentino. Prima di essere depositato nella Cattedrale, il feretro vennecustodito nella cappella fatta costruire in suo onore dal Vescovo successore di Donato, Gelasio. Nel 1716, grazie alle istanze del sindaco D. Tommaso Ventura e del Reverendo D. Agostino Cugini, i sandonatesi poterono avere una reliquia del santo.San Donato,la cui festa si celebra il 7 agosto, data del suo martirio, è venerato come santo patrono, oltre che della città di Arezzo e di San Donato Val di Comino, delle città di Contursi Terme (SA), Soveria Simeri (CZ), Pinerolo (TO), Val della Torre (TO), San Donato Milanese (MI), San Donato di Ninea (CS), San Donato di Lecce (LE), Montesano Salentino (LE), Guardiagrele (CH), Fossacesia (CH), Villa Martelli-Lanciano (CH), Acerno (SA), Ranzo (IM).
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Giustino Quadrari
Giustino Quadrari, archeologo e filologo italiano,nacque a San Donato Val di Comino il 19 luglio 1802 dal notaio Eugenio, e da Rosalba Tempesta. All'età di quattordici anni entrò nel Seminario di Sora dove ebbe come maestri Stefano Baldassarre e Giuseppe Silvestri. Iscrittosi successivamente alla Regia Università di Napoli il giovane Giustino ebbe come insegnanti alcuni dei più rinomati professori dell'epoca, come Giuseppe Caposale e Loreto Appruzzese di Gallinaro, professore di diritto romano e diritto canonico. Ordinato sacerdote il 28 giugno 1825, nel 1829 pubblicata l'opera "De natura Cattolici dogmatis" dotta dissertazione latina intorno alla natura del Dogma cattolico. L'opera colpì molto il Vescovo Javarone che ne volle l'inserimento nella prima e seconda edizione della sua "Teologia dommatica". Il 22 ottobre 1832 Giustino Quadrari ebbe la nomina di Interprete dei Papiri Ercolanensi e quella di Socio Corrispondente dell’Accademia ,della quale divenne Socio Ordinario nel 1838 . La carriera di Giustino Quadrari proseguì negli anni successivi con incarichi sempre più prestigio: presidente della Giunta della Reale Biblioteca di Napoli,titolare della cattedra di Storia delle Religioni presso la Regia Università di Napoli e membro del Consiglio Generale della Pubblica Istruzione. In questi anni scrisse anche alcune importanti opere come le "Osservazioni sulle tavole cronologiche critiche del I secolo della Chiesa pel Padre Ignazio Mozzoni" ed un’opera di papirologia. Molto legato alla corte borbonica, quando morì Ferdinando II ne lesse la commemorazione funebre intitolata “Viginti anni et novem annis regnavit, et fecit rectum coram Domino”, nelle esequie celebrate dall’Università. Con la caduta del Regno delle Due Sicilie e l'annessione dei suoi territori all'Italia, Giustino Quadrari abbandonò Napoli e si ritirò a vita privata nella sua San Donato Val di Comino. Il clima politico dell'epoca non era però dei più favorevoli con le tensioni e scontri frequenti tra i sostenitori dei savoia e quelli dei borboni. Spesso bastava la semplice accusa o anche solo il sospetto di aver servito l’antico regime per essere portati davanti ai tribunali. Volendo probabilmente colpire una personalità di spicco dell'antico regime Giustino Quadrari, insieme ad altri Sandonatesi ed al fratello Domenicantonio, venne accusato di tenere segreti rapporti di corrispondenza con il sorano Luigi Alonzi, detto Chiavone, brigante italiano strenuo difensore di Ferdinando II di Borbone, che a partire dal 1861 con la sua banda di briganti condusse numerose azioni di guerriglia in diverse zone della ciociaria contro l'esercito sabaudo. A causa di queste accuse Giustino Quadrari venne arrestato nel 1862 venne arrestato e rinchiuso prima nel carcere di Alvito ed in seguito in quello di Sora. Dopo 8 mesi di istruttoria il Pubblico Ministero, non riscontrando indizi sufficienti, assolse Giustino Quadrari da ogni accusa ed annullò il processo. Ritornato in San Donato Giustino Quadrari fece restaurare la casa paterna e proseguì i suoi studi su alcune pietre con iscrizioni romane trovate nel nel territorio di San Donato ed inventariate dal Mommsen nel suo "Corpus Inscriptionum latinarum". Morì in San Donato il 4 agosto 1871 e due, anni dopo, la giunta comunale, sindaco il Cavalier Carlo Coletti, decise di intitolargli la piazza antistante il palazzo da lui abitato,fino ad allora denominata Piazza Tolosa, e di deporre nella Chiesa di S. Maria e S. Marcello un suo busto marmoreo.
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Gli enigmi di San Fedele
San Fele sta per San Fedele, nell’attuale toponomastica,a partire dall’era Cristiana, e si trova alle pendici di San Donato Val di Comino. Anche al più impreparato dei visitatori il luogo incute un timore storico-mistico reverenziale, perché il fontanile, ormai senz’acqua, si mostra subito strano, per la sua testata, formata da un muro che appare simile alle grandi mura pelasgiche di Civitavecchia d’Arpino, o di Ferentino, o di Alatri. Siamo in aperta campagna, l’area è disegnata in un piccolo triangolo da stradine asfaltate, poche case, molti alberi la cui ombra è resecata dal fontanile che pare indicare, a seconda del chiarore o dell’oscurità, la chiave d’ingresso per un Mistero.
Ma dov’è l’enigma? Scava scava, come antichi paleontologi, si viene a sapere che fin dall’ VIII-VI secolo a.C. v’era un tempio pagano dedicato alla Dea Mefiti, dea mater posta a protezione dei boschi, delle acque e dai gas velenosi esalati dalla terra, da cui il termine mefitico ad indicare il maleodorante. Il pensiero va subito a Canneto, sito del Santuario, ma anche di un tempio pagano analogo che pare sia sepolto vicino la sorgente del Melfa a circa dieci metri di profondità. Ma siti simili, sempre dedicati alla Dea Mefiti, sono stati rinvenuti a Casalvieri in località Pescarola, e a Casalattico in località San Nazario. La Dea Mefiti può essere definita una divinità di transito, una sorta di medium, soprattutto per via delle esalazioni sulfuree, che venivano ritenute miasmi dell’inferno, tanto che la Valle dell’Ansanto, in Irpinia, altro luogo dedicato alla dea e caratterizzato da fortissime esalazioni sulfuree, veniva ritenuta addirittura una porta degli Inferi. Divinità di transito, Mefiti, perché oltre a proteggere piante e acque, veniva posta come schermo verso il regno dei morti, onde evitare, o comunque addolcire, attutire il trapasso.
L’enigma è dunque questo: cosa c’è dopo la morte? il buio e la notte eterna o la luce e la felicità? e cos’è Mefiti se non la personificazione dell’Amore, l’unico in grado di sconfiggere la Morte? Claudia Cedrone, tratto dal libro "San Donato in Terra di Lavoro - 1753 - 1816" edito dal Comune di San Donato Val di Comino.
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Le Miniere di San Donato Val di Comino
E' un itinerario che parte dal paese di San Donato Valcomino e sale verso il passo di Forca d'Acero, che si raggiunge in circa tre ore. A metà percorso circa ci sono le Miniere, le cui imboccature sono ormai coperte dalla vegetazione e quindi difficili da individuare. La zona è riconoscibile da una sorta di aia in pietra a bordo sentiero, dove veniva raccolta la Limonite (Ferro) che poi veniva portata a valle a dorso di mulo e trasferita alla Ferriera di Atina per la lavorazione.
Procedendo è possibile riconoscere sul versante sinistro della montagna la Roccia dei Tedeschi, raggiungibile con un sentiero, e così chiamata perchè postazione di controllo tedesca durante l'ultima guerra. Soprattutto ispezionava il percorso utilizzato dai prigionieri di guerra che dal campo di concentramento di Avezzano tentavano (erano obbligati) a riunirsi al loro esercito attestato sul fronte di Cassino.
Questa torretta di avvistamento, con i suoi camminamenti scavati nella roccia che sembrano costruiti ieri, ancora suscita l'emozione, il terrore, l'orrore, il rammarico della guerra.
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San Donato Val di Comino: il soggiorno di CarolinaBonaparte e il primo servizio di diligenze
Dal mese di giugno fino ad agosto 1878, nel complesso edilizio d enominato il “Convento”, in San Donato Val di Comino, soggiornò la principessa Anna Carolina Bonaparte, figlia di Girolamo, chiamata in famiglia Letizia, come la nonna materna, madre di Napoleone Bonaparte.
San Donato solo da qualche anno aveva assunto la denominazione odierna di S. Donato Val di Comino: il decreto regio del 12 dicembre 1862, in attuazione della delibera del Consiglio Comunale del 26 ottobre 1862, aveva consentito tale variazione per evitare confusione con altri comuni ugualmente denominati San Donato.
Il soggiorno della principessa nel comune ciociaro fu determinato dalla necessità di consentirle un periodo di riposo per il recupero di un po’ di serenità in seguito ad una triste vicenda amorosa. Carolina aveva instaurato un rapporto sentimentale con un tenente dei Dragoni del regno di Napoli; tale rapporto fu fortemente osteggiato dalla famiglia. Per impedire che avesse seguito, il tenente fu mandato in Sicilia per una campagna di guerra, durante la quale l’ufficiale trovò la morte. Di qui la forte prostrazione psicofisica della principessa.
Giunse a San Donato su interessamento del noto medico di malattie nervose, dott. Quintino Fabrizio, originario dello stesso luogo e comproprietario del palazzo detto il Convento.Per l’occasione, con lo scopo di agevolare il soggiorno di Carolina, fu istituito il primo servizio pubblico con carrozze trainate da cavalli tra il paese e Cassino, due volte la settimana, sì da consentire lo scambio di corrispondenza con il regno borbonico, di cui San Donato allora faceva parte.
Il servizio rimase poi in funzione in modo permanente fino agli inizi del ‘900, quando fu sostituito da mezzi veicolari e poi dai più moderni autobus della ditta SACSA (Servizio Automobilistico Cassino Sora Atina).
Durante il suo soggiorno a San Donato la principessa era solita fare escursioni fuori dell’abitato, per lo più verso le località Vorga e S. Paolo, su una lettiga portata da quattro addetti.
Le stanze dell’appartamento in cui fu ospitata, nell’ex convento, ora di proprietà dello scrivente e recentemente restaurato a sue spese, erano decorate con affreschi settecenteschi.L’edificio è interessante anche per il cortile interno la cui struttura poggia su colonne monolitiche di pietra che sorreggono la volta a crociera.
L’immobile, che risale al 1535, fu edificato per volontà della baronessa Ricci di Benevento, ricca e benestante, senza prole; fu concesso prima all’ordine dei frati Francescani, poi a quello dei Domenicani, infine a quello dei Carmelitani, per cui l’annessa chiesa è intitolata a S. Antonio e alla Madonna del Carmelo.
Di Ettore Volante
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Gli ebrei internati a San Donato
Val di Comino: 1941-44 ( parte lll)Documenti che ne attestano la presenza
Val di Comino: 1941-44 ( parte lll)Documenti che ne attestano la presenza
di
Alessandrina De Rubeis
Alessandrina De Rubeis
In questa parte III della storia sugli Ebrei internati a San Donato Val di Comino, si prendono in esame alcuni documenti della Regia Questura di Frosinone, datati 1940, ed altri del comune di S. Donato V. C., datati 1942. Il 5 agosto 1940, la Regia Questura di Frosinone inviava alla Regia Prefettura, Ufficio Ragioneria, di Frosinone N. 6 documenti, tutti dal seguente testo: «Per opportuna notizia informo che il Ministero dell’Interno con nota 443/70544 del 18-7-1940, ha disposto che la nominata in oggetto sia internata in un Comune della Provincia di Frosinone. Pertanto, la predetta straniera in data 4 c.m. è stata internata nel comune di S. Donato Val di Comino. Alla medesima, quale indigente, spetta l’indennità per il vitto e l’alloggio. Il Questore» (segue firma). Le donne, nominate all’oggetto, sono: Blody Rosa in Miller di Jacob e di Frenkenbusch Elena, nata a Vienna il 27-12-1894, suddita tedesca ebrea; Blody Sidonie in Neumann di Jacob e di Frankenbusch Elena, nata a Vienna il 14-3-1900, suddita tedesca ebrea; Bloch Margaret di Louis e fu Megrovitz Jenni, nata a Berlino il 21.3.1892, apolide di origine tedesca ebrea; Ismirli Eva di Ehoshma e di Raffaelli Rina, nata a Sinperopoli il 12-10-1915, apolide ebrea; Kazar Gabriella in Lewi fu Giuseppe e di Zinner Gisella, nata a Budapest il 4-8-1913, apolide ebrea e figlio Raffaello di anni 6. (Della famiglia Levi si è parlato in Studi Cassinati, Anno V - N: 4, Ottobre - Dicembre 2005, pp. 248 – 253, ma ora si vuole evidenziare come, nel tentativo di scampare alla persecuzione, Enrico Levi e sua moglie Gabriella arrivarono a cambiare il nome del loro primogenito, battezzandolo col nome Italo e, quindi, non più Raffaello). In un altro documento, datato 13-8-1940, si legge che in data 12 agosto, cioè un giorno prima, era stata internata anche Bettmann Henriette di Augusto e di Bettmann Julia, nata a Köln il 5.3.1896, suddita tedesca ebrea. Il 1° settembre dello stesso anno, la R. Questura di Frosinone scriveva alla R. Prefettura (Ufficio Ragioneria) di Frosinone la seguente nota avente per oggetto: Internati nel campo di concentramento di S. Donato Val di Comino. Il testo è: «In relazione alla nota sopradistinta, si trasmette, in duplice copia, il richiesto prospetto relativo alle indennità per vitto e alloggio spettanti alle sottonotate ebree straniere indigenti internate nel Comune di S. Donato Val di Comino. 1°) Bloch Margaret – 2°) Izmizli Eva; - 3°) Kazar Gabriella; - 4°) Blody Sidonie; - 5°) Blody Rosa; - 6°) Bettmann Henriette; - 7°) Steinitz Lotte Ursula». (Di Ursula e del marito, il dottor Marco ( Mordko ) Tenenbaum, tutt’ora residenti a Roma, si parlerà nel prossimo numero di Studi Cassinati). Ciò che ulteriormente sconcerta di quest’ultimo documento è la definizione che viene data al paese di S. Donato V.C.
I due documenti che seguono sono firmati dal Podestà di S.Donato V.C., dottor Guido Massa. Essi riguardano i sussidi elargiti dal Comune agli internati nel mese di gennaio e nel mese di aprile del 1942; dai documenti si possono conoscere quasi tutti i nomi degli Ebrei che soggiornarono a S.Donato e, tra questi, Osvaldo Adler e Geltrude Glaser dei quali si è parlato in Studi Cassinati, Anno V, N. 3 (Luglio – Settembre 2005), pp.185-190.
Emozionante è leggere, nei due documenti citati, le firme autografe delle vittime della follia umana: Bloch Margaret, Blody Rosa, Steinitz Ursula, Tenenbaum Mordko, Duchsbaum Clara, Kazar Gabriella, Lewi Enrico, Stein Samuel, Landberger Ediht, Adamowicz Zlama, Adamowicz Faiga, Kreiner Chane, Kreiner Ediht, Blody Sidonie, Liliental Rosa, Michalievic Mila, Battmann Henriette, Buchbaum Clara, Landerberg Editta, Kreiner Editta, Adler Oswald, Glaser Geltrude; a questi nomi vanno aggiunti quelli dei piccoli Italo (Raffaello) e Noemi Levi e della piccola Katja Tenenbaum, oggi residente a Roma.
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Gli ebrei internati a San Donato Val di Comino: 1940-1944 (parte V)
Margaret Bloch
di
Alessandrina De Rubeis
Margaret Bloch
di
Alessandrina De Rubeis
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1984...terremoto a San DOnato Val di Comino
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